Ricetta: Arancini Di Risu O' Ragù, Primo a base di Riso, provenienza: Sicilia@Catania IBCCooking, il social network culinario. 30 mila ricette alla portata di tutti. Cucina semplice.





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Arancini Di Risu O' Ragù

Arancini Di Risu O' Ragù

Base Ricetta

Riso

Tipologia

Primo


Origine

Sicilia, Catania

Persone

Per 8 persone

Ingredienti

Riso Vialone
500 G
Farina
50 G
Zafferano
1/2 Bustina
Uova
3
Formaggio Pecorino Grattugiato
50 G
Pangrattato
50 G
Olio D'oliva
q. b.
Sale
q. b.
Pepe
q. b.
Per La Farcitura (ragù):
Polpa Di Carne Trita
250 G
Piselli Freschi Sgranati
70 G
Cipolla
1
Concentrato Di Pomodoro
80 G
Sedano
1 Gambo
Formaggio Tenero A Tocchetti
100 G
Olio D'oliva
q. b.
Sale
q. b.
Pepe
q. b.

Preparazione

Cioè: arancini di riso al ragù. Lo stuzzicante profumo degli arancini, forse la più conosciuta specialità della rosticceria isolana, frammisto alle fresche e salse folate dello Stretto, saluta ogni nuovo visitatore nei confortevoli ristoranti o snack delle navi traghetto che fanno la spola tra Villa S. Giovanni e Messina. E' il primo saluto, quindi, della Sicilia per chi arriva in auto o col treno, ed il primo sapore, dove si possono riconoscere le seguenti influenze: quella araba, per aver fornito il riso e lo zafferano; la francese per il ragout; la spagnola per il pomodoro; e, prima ancora, la greca col canestrato fresco, il tenero formaggio che, a dadini, sarà frammisto al ragù nella farcia. Fino al secolo scorso gli arancini erano grandi come cocomeri, allorché a friggerli e ad infornarli erano i monaci del Convento dei Benedettini di Catania, come Federico De Roberto ci fa sapere nel suo romanzo storico I Viceré. Ora hanno la tendenza a diventare sempre più piccoli e si presentano appuntiti (quelli al ragù). Eccone la ricetta: bollire in acqua, e mai in brodo, il riso salando moderatamente e scolando al dente. Ancora caldo disporlo a fontana sul marmo per legarlo col pecorino grattugiato, lo zafferano sciolto in una tazzina d'acqua calda, e due uova battute. Quando l'impasto è ben amalgamato, il cuciniere plasma nella mano sinistra metà dell'arancino, preparando una nicchia, al centro, per accogliere una cucchiaiata di ragù precedentemente composto con carne trita, piselli, cipolla, pomodoro e gli odori necessari. Su questo intingolo viene adagiato un cubetto di formaggio canestrato fresco di circa due centimetri per lato, ed un po' di pepe, se il ragù non è pepato. Un'altra cucchiaiata di riso ricopre tutto e l'arancino viene adesso plasmato nella sua forma definitiva, stando ben attenti che il ragù non esca fuori. A questo punto viene passato nella farina, poi nell'uovo battuto e, quindi, nel pangrattato: così è pronto alla frittura, che avverrà in una capace padella con olio bollente (o strutto) dove galleggerà e acquisterà doratura. Sgocciolare l'olio di frittura e riporre gli arancini in una teglia (e non servirli subito, come fanno ormai i più), giacchè c'è ancora un'ultima raffinatissima operazione: un finissaggio in forno caldo per la smaltatura e asciugatura, che conferiscono all'arancino tutto il suo inconfondibile aroma. In onore a Messina, che più di ogni altra consorella città siciliana ha propagandato l'arancino, berremo il rosso Faro, profumato di zagara d'arance e di bergamotto.
 


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